27 settembre 2025

spazzati via gli anni (come fossero briciole)



Più di trent'anni che lo ascoltiamo, con la band prima e poi da solo anche se solo non è mai stato, con accanto sempre un pugno di fan fedeli a quella linea fatta di pochi accordi, quelli giusti, di testi all'apparenza criptici ma pieni di senso che appanna i vetri. Ha cultura musicale Filippo Gatti, sa della musica americana quella che ci ha cresciuti tutti, ma anche di quella italiana, quella che abbiamo dentro, spesso senza nemmeno rendercene conto. 
Del set acustico al Folkificio, posto bellissimo quanto piccolino, scelgo la memoria libera; registrato assieme a Bruno Lauzi nel 2000 e inserito in quel tutto sta per cambiare, disco che dovreste ascoltare almeno una volta nella vita. La versione di questa sera, asciutta e acida come non l'avevo mai sentita, è l'esempio della sua scrittura: canzoni che pescano nel suo mondo e nel suo tempo ma a sentirle venticinque anni dopo non perdono neanche una molecola di attualità né di coerenza.
Il resto della scaletta, medesimo il livello interpretativo, ossia altissimo, scorre fluida. Pubblico di una quarantina di persone, ché di più non ci vanno, attente, emozionate e perché no, grate. Filippo l'ha sentita l'attenzione, l'ascolto fatto non di sole orecchie e ha ricambiato con un concerto di livello, senza un errore, una sbavatura. Voce mai sopra le righe, ma che sa vibrare e farti vibrare assieme. Aspettiamo il disco (notturno/estate) e intanto mettiamo sul piatto il mini-vinile col grandeverde

Mangia coi libri 
Pensa coi piedi
Parla coi guanti
Prima ricorda di essere uno
Dopo puoi essere in tanti
Per essere uno 
Devi fare un passo avanti

qui una recensione di quasi vent'anni fa

19 settembre 2025

stop, hey, what's that sound everybody look what's going down




Il vibrato della voce di Chrissie Hynde su Everyday is like sunday è una mano che prende la mia come a dire "andrà tutto bene", tutto in effetti si sistema in modo tale che a volte non capisco, almeno non subito. Una vita che s'incastra come le pietre di un muretto a secco, più passa il tempo e più diventa solido e duro a buttarsi giù. 
Acquista forza col tempo, fatta di crescente capacità d'indifferenza a cementare l'insieme questo però non toglie la curiosità che mi tiene costantemente col naso all'aria. Anche, spesso, nella bufera.
Aria elettrica mi ricarica, lampi m'illuminano attorno, tuoni mi tengono sveglio. E continuo, quindi. E penso.
La persona più importante che mi sia capitato di incontrare, e trattare, è stata senza dubbio Ines, quasi venticinque anni fa, ormai. Non ricordo esattamente se riuscissi a trattarla distesa o solo seduta, novantenne almeno, ricordo che non mi parlò subito, almeno della sua vita. Sapevo chi fosse, certo, ma certe cose mi piace siano i pazienti a raccontarmele, come se col mio lavoro riuscissi in qualche modo a meritarmelo, non so se capite. (Sicuro che capite...)
Mi regalò il suo libro, memorie a un primo sguardo, il racconto di un amore, a leggere meglio. L'amore per Mario, amico di Tobino, biondo era e bello il figlio del farmacista. Mario medico, Mario partigiano, Mario che sapeva di essere due..."noi e il destino e non è detto che non si possa vincere". 
Trattavo Ines, novantenne ormai, poi tornavo a casa e con Elena si aspettava in qualche modo l'arrivo di Sofia. Le torri ancora erano lì, gemelle contro il cielo. 
Ripenso alla voce di Ines e a quella di Elena, le immagino più che altro, che vibrano e cantano: ogni giorno è domenica. E tutto andrà bene.


qui c'è Mario
qui Ines

on air/nicole croisille : : dawn comes alone