A distanza di otto anni ritrovarsi ancora a scrivere di/dopo un funerale, dell'immagine di noi che s'invecchia, riflessa nelle facce degli amici, della poca voglia di entrare in chiesa ché certe cose sono ancora irrisolte e chissà ancora per quanto. Così per non avvitarmi, penso a uno dei figli del defunto, il più grande. Al basket assieme, da ragazzi, alla musica che mi faceva sentire e a quanto fosse tutto diverso allora.
Noi si difendeva necessariamente a zona, la uomo era solo per i "forti" e quanta paura ogni volta che bisognava affrontare una di quelle squadre lì.
"Mamma dice di mettere la maglietta di lana sotto la canottiera"
"ma papà…"
Come fai ad attaccare una difesa individuale, anche se non proprio arcigna e aggressiva, se devi pensare a grattarti ovunque.
Le urla dell'allenatore avversario, la faccia sconsolata del nostro.
Un lay-up era una "americanata", anche se la NBA la leggevi soltanto sulle riviste e potevi solo vedere le foto, tanto allenamento sul giro in palleggio perché il cross-over era da non fare assolutamente. Insomma, diverso, ecco.
Diverso il basket, il modo di pensare e di parlare, la vita e anche la merenda, per esempio: invidiavo quelli del Giorgi che a ricreazione uscivano e si facevano preparare la rosetta dar SorCa (contrazione romanesca e vaginocentrica dei giovani dell'istituto tecnico, del Signor Carlo, il defunto. Il pizzicarolo del quartiere, accanto la scuola, non pizzicagnolo o gastronomo, giammai. Comunque una persona ogni mattina barba fatta, camicia pulita, cravatta, quasi a dispetto...
martin sexton : : almost cut my hair
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