3 marzo 2011

dalla finestra, teste di radio







Mi affaccio alla finestra, come ogni giorno, e getto il mio primo sguardo sul mondo. Ancora carico di aspettative e fiducia, la notte, evidentemente, ha portato riposo, non consigli.
La signorina con la sua nuova cinquecento scende veloce dall'auto e sculettando s'allontana poi si gira, distende il braccio armato di chiave a infrarossi e spara precisa la sua chiusura centralizzata. Ha occupato due posti, in un quartiere dove per un parcheggio le persone spesso vengono alle mani. Me la immagino cresciuta con la mamma che a pranzo le dice "perché non mangi lo stracchino? guarda che ci sono bambini in africa che non hanno nemmeno il pane"
Lei lo stracchino non l'ha mai mangiato, non è diventata obesa per compensare il senso di colpa nei confronti di altri bambini sconosciuti del terzo mondo, è comunque una stronza venuta su proprio bene.
Mi affaccio alla finestra, come ogni giorno e respiro un po' di quel veleno fuori. La cura giusta, omeopaticamente parlando.
I piccioni provano a circondare un gabbiano intento a sbocconcellare una cornacchia riversa sul marciapiede, a pancia in su già da ieri sera. Più grande e cattivo li tiene a distanza, malgrado il numero, malgrado la città, anche senza il mare.
Come ogni giorno sorrido. In attesa della signora del piano di sopra che batte il tappeto. Polvere sui miei pensieri, affacciato alla finestra.