25 novembre 2011

cuoredivetro


La notte è buia nei vicoli di Roma, fredda. Solo un vecchio cane vagabonda zoppo di una zampa rotta dalle fionde dei ragazzini. Rovista tra mucchi di immondizie lasciati negli angoli nascosti.
Ercole è un taxidermista, si dice sia bravo, il più bravo a Napoli, e i consiglieri del Papa, emissari del Sant'Uffizio, proprio ieri lo hanno convocato per un incarico importante.
Il cuore di Sant'Ersilio dev'essere vetrificato, cosicché lo si possa portare in giro, tra i fedeli.
E riscuotere le offerte, più di quante la gente sia disposta a sborsare in chiesa, meglio se la reliquia possa a pagamento lenire le sofferenze dei malati, esibendola nei sanatori, negli ospedali. Portare speranza a tutti coloro che l'hanno smarrita e ne abbisognano.
Ercole è felice, orgoglioso per questo suo compito, è un brav'uomo ed è davvero convinto dei poteri del cuore di un santo. Crede, prega, lavora, ha una moglie e un apprendista che lo aiuta in laboratorio. Di solito gli viene chiesto di imbalsamare cacciagione, falchi, fagiani, talvolta animali esotici dei quali non aveva mai nemmeno sospettato l'esistenza. Spesso anziane donne nobili, benestanti e sole, gli commissionano la conservazione dei loro scomparsi amati cani e gatti. Ercole ama il suo lavoro, sereno nel laboratorio lavora, prega, insegna l'arte al suo apprendista e si ritrova spesso a pensare alla sera, di quando tornerà a casa da sua moglie, giovane e avvenente.
Ercole però puzza di morte.
E alla moglie e al giovane apprendista, da qualche tempo segreti amanti, quella puzza fa spavento come la prospettiva di passare un'intera vita a contatto con lui e con quell'odore, a rischio di esserne, alla lunga, compenetrati.
Non vogliono diventare come Ercole.
Ed è così che decidono di dare una svolta alle loro giovani vite irrequiete, rubare il cuore del santo, fuggire a Roma, cercare di vendere la reliquia a qualche prete a corto di fedeli e domande imbarazzanti, per poi dileguarsi lontano dallo Stato Pontificio, ricominciare magari a Torino o a Genova dove l'apprendista ha un fratello che lavora al porto.
E a lei piace il mare.
Ercole è in laboratorio di mattina presto quando si accorge che il cuore sacro è stato rubato, ripensa al letto vuoto trovato al suo risveglio, anche se sua moglie è solita uscire prima dell'alba per, come diceva lei, governare la casa dei vecchi genitori che ormai non ce la fanno nemmeno a uscire per andare al mercato. Il ritardo del suo apprendista, inaudito proprio il giorno della consegna di un lavoro così importante, lo sgomenta. Ritorna con la memoria su piccoli episodi, tracce insignificanti, minuscoli tasselli che improvvisamente, quasi da soli, si riordinano a formare il quadro degli eventi. Ora che tutto gli è chiaro vorrebbe prendersi a schiaffi, insultarsi per non aver capito prima, per non aver impedito il furto del suo lavoro e la fuga del suo amore.
Ercole è spaventato.
Ma non c'è tempo per certe cose, se lo ripete cento e cento volte mentre pensa alle reazioni di chi tra poche ore verrà a ritirare la reliquia, il cuore di vetro del santo, che non adesso c'è più.
All'osteria ieri parlavano dell'esecuzione di un assassino, l'impiccagione di uno che aveva tagliato la gola al questurino di Portici, il poliziotto che aveva sparato al fratello minore il giorno della rivolta dei poveri e del saccheggio al mulino.
Un cadavere ancora fresco, un cuore che adeguatamente trattato, cotto come lui sapeva, poteva esser facilmente preso per buono da occhi inesperti.

La prima volta che venne esposto il cuore di Sant'Ersilio nel sanatorio vicino al porto, tanta e tanta gente si raccolse in preghiera, ammalati, parenti, poveri cristi, semplici devoti del santo. Fu come se l'aria fosse diventata improvvisamente solida, come se le preghiere si potessero masticare dopo averle inspirate, le cose e le persone avevano un colore nuovo, diverso, la luce era come se non entrasse più dalle finestre ma si diffondesse da ogni singola persona. Ogni parola, ogni preghiera risuonava rimbalzando sul cuore di vetro e tornava indietro in forma di luce. Almeno così sembrò ai tanti che assistettero alla scena. Poi molti pazienti cominciarono a stare meglio, qualcuno si alzò dal capezzale, dritto come un fuso e fra i malati gravi improvvisamente si susseguirono profondi sospiri di sollievo, aprirono gli occhi coloro che li avevano chiusi da tempo svegliandosi dal coma. Si cominciò allora a gridare al miracolo.
Si gridò così forte che la notizia viaggiò repentina.
"Non importa di chi è il cuore, conta solo la fede di chi lo invoca con la preghiera" pensò Ercole, l'unico che sapeva come davvero fossero andate le cose.
"E il cuore di un assassino può essere come quello di un santo."

La moglie di Ercole e l'apprendista vennero denunciati per tentata truffa qualche tempo dopo da un parroco che avvertì la questura di un maldestro tentativo di spacciare false reliquie, e vennero arrestati. Furono rilasciati qualche mese più tardi grazie a un'amnistia concessa dal Papa per i ripetuti miracoli che continuavano a manifestarsi lungo tutta la penisola.
Il vero cuore di Sant'Ersilio finì nella spazzatura.

Il vecchio cane annusa tra l'immondizia, rovista con la zampa ancora buona, prova a leccare quel pezzo di vetro, freddo eppure caldo, che sembra un cuore ma non si può mangiare. Poi si allontana, senza più zoppicare.

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