non ho ancora capito quanto un quadro o una foto, possano diventare la scintilla di una storia: la propria.
Raccontarla, poi, siamo d'accordo sia solo un esercizio ma la sua origine, in effetti, possiamo a tutti gli effetti, ripeto, considerarla oscura e remota. Il prodotto dello scambio di una vocale per una consonante: da caso a caos, per esempio. Oppure uno sfocato dovuto a un errore di apertura del diaframma e d'impostazione del tempo di scatto.
La profondità, quella di campo ma non solo, spesso è frutto di un errore. Tuffati un po' più verticale e ti ritrovi nel verde più profondo che il lago possa offrirti, in Agosto. Nel '92 ho trent'anni e almeno questa cosa della relazione tra verticalità e profondità l'ho capita. Grazie al verde e alle estati del lago.
Nel '92 ho trent'anni e scatto foto sbagliate. Qualcuna ora mi accende.
Le parole dei pittori sono povere rispetto alla loro pittura
A trent'anni le parole che uso non riescono a descrivere quel che mi succede e oggi, dopo trentatrè anni, la vita intera del povero Cristo, mi sono convinto che chiunque scriva ciò di che gli è accaduto nel corso del tempo operi una finzione proprio per l'inadeguatezza delle parole. Cionondimeno sento di doverlo fare e proprio mentre guardo una foto di oltre trent'anni fa.
Il Bianco&Nero lo considero il colore dei ricordi perché da due colori si generano infinite combinazioni di grigio delle quali nella realtà possiamo percepirne qualche centinaio solamente, comunque bastevoli a descrivere a noi stessi, nel cassetto dei ricordi, tutte le sfumature di cui sono fatti. Nel '92 ho trent'anni ma lo so che il tempo dentro di noi la modifica la realtà, di quell'attimo pieno di colori e luce calda resteranno impressionate le nuances, le luci e le ombre. Contorni che gli anni confonderanno sempre più, volti che non riusciremo più a rammentare, sfocature. Sfumature di bianco e nero.
“Tanto vale prendere un Hilford 400 ASA” devo aver evidentemente pensato. Poi apro troppo senza calibrare la macchina fotografica sulla sensibilità della pellicola. Sbaglio foto spesso e altrettanto non trovo le parole ma alla fine sono loro a trovare me. Quando sono in mutande e non ho ancora preso il caffè.
Nel '92 ho trent'anni, Thelonius Monk e Husker Du in cuffia, il pallone mi ha fatto un callo sull'anulare, tra prima e seconda falange che quando gioco a pallacanestro si apre. Sanguino ed è maglie sporche e sudore e tanto altro che conosce solo chi ha imparato che giocare, come vivere, è questione di ritmo. Nel '92 ho trent'anni e una ragazza bellissima accanto. Adesso che ci penso non ci ho mai ballato.