c'è chi ha un modo agitato di star fermo
placherò la mia voglia di cielo
forse
solo rinascendo albero
intanto so come muovermi
in quiete.
on air/
mark kolozec : : celebrated summer (husker du cover)
via cover lay down
27 giugno 2009
14 giugno 2009
twist & shoot
voci
sospiri profondi
un dito mi tamburella nella testa
se mi agito
tutto si mischia dentro
simbolicamente
se ti rompi un ginocchio, il corpo ti sta dicendo che devi smettere di andare sempre avanti
se ti rompi una mano, invece è meglio se smetti di operare concretamente nel mondo esterno, fuori da te stesso.
vuol dire "torna in te"
ma se ti rompi i coglioni?
mi agito e mi remixo con
sonos : : everything in its right place (radiohead cover)
photo : : stillpoint
7 giugno 2009
strange days
Erano giorni che si sudava pure a stare fermi.
Giorni di aria mossa e neppure troppo calda, ma anche il semplice stare in piedi, al mondo, per tutti noi era fatica.
ci sembrava tutto alterato, la percezione del tempo che passava, l'alternarsi di sonno e veglia, cosa ancora giusto e cosa sbagliato, l'idea stessa di un domani migliore.
erano giorni, si sarebbe detto, che non lasciavano spazio alla possibilità d'immaginarlo, un domani.
giorni che morivano quando dopo esserci girati e rigirati innumerevoli volte nel letto, ci addormentavamo. e il giorno dopo, ci sentivamo stanchi. come se in sogno avessimo continuato a vivere, faticare, sudare senza però avere più memoria di quanto accaduto appena un giorno prima.
pensavamo che appena tutto fosse finito però ci saremmo ricordati i rumori, e gli odori anche, perchè era come se rimanessero attivi solo i sensi più antichi, quasi vicariassero le immagini sfocate che a ondate ci arrivavano dai televisori intorno.
tutti si sperava in un rumore più forte, un'esplosione, magari, qualcosa che ci sollevasse dal torpore umido nel quale eravamo immersi da troppo tempo.
un segno qualsiasi che la rivoluzione era finalmente cominciata.
afro fiesta : : talkin' 'bout a revolution
Giorni di aria mossa e neppure troppo calda, ma anche il semplice stare in piedi, al mondo, per tutti noi era fatica.
ci sembrava tutto alterato, la percezione del tempo che passava, l'alternarsi di sonno e veglia, cosa ancora giusto e cosa sbagliato, l'idea stessa di un domani migliore.
erano giorni, si sarebbe detto, che non lasciavano spazio alla possibilità d'immaginarlo, un domani.
giorni che morivano quando dopo esserci girati e rigirati innumerevoli volte nel letto, ci addormentavamo. e il giorno dopo, ci sentivamo stanchi. come se in sogno avessimo continuato a vivere, faticare, sudare senza però avere più memoria di quanto accaduto appena un giorno prima.
pensavamo che appena tutto fosse finito però ci saremmo ricordati i rumori, e gli odori anche, perchè era come se rimanessero attivi solo i sensi più antichi, quasi vicariassero le immagini sfocate che a ondate ci arrivavano dai televisori intorno.
tutti si sperava in un rumore più forte, un'esplosione, magari, qualcosa che ci sollevasse dal torpore umido nel quale eravamo immersi da troppo tempo.
un segno qualsiasi che la rivoluzione era finalmente cominciata.
afro fiesta : : talkin' 'bout a revolution
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