24 luglio 2009

sabbia & cocacola '09 (uno)

“vai a confermare la grigliata di domani sera” mi dice mia moglie, due ragazzotti che lavorano al mercatino di Vieste organizzano per venerdì sera una cena a base di agnello alla griglia per turisti scelti ad un prezzo accettabile. Una di quelle cose che funzionano col passaparola, ossia la signora della pescheria sotto casa ci avverte che in fondo al corso c'è un mercatino molto colorato dove è possibile comprare le alici marinate che ci piacciono tanto, i pomodori secchi, le olive sottolio e tanto altro bendiddio. Il mercatino ci conquista immediatamente coi suoi colori,i suoi profumi e soprattutto coi suoi sapori: il formaggio cacioricotta, i pecorini stagionati, freschi, maturati nel mosto, olive di ogni dimensione, fattura e preparazione, peperoncini ripieni e mazzi di origano che ti stordiscono se avvicini le narici.
Esco
passo per la piazzetta di fronte al mare, quella colle palme e le panchine dove c'è un sacco di gente che si siede a ciangottare dopocena, dopo il tabaccaio c'è l'enoteca e un vecchietto di fuori seduto su una sedia di paglia che mi guarda fisso
“cazzo vuole” penso
e lui mi guarda ancora
allora lo guardo anch'io
e lui mi indica col dito e la gente che passa lo vede e si gira a guardare me che nel frattempo mi sono fermato come se la proiezione di quel dito fosse un ostacolo al mio procedere oltre
“capitano!”
mi urla
mi guardo attorno sbigottito
ce l'ha con me
ci sono solo io ormai qui, la gente s'è fatta da parte come se quel dito rugoso l'avesse scansata tutta
“capitano!” ripete, si alza e mi viene incontro
“ma.. veramente.. io”
balbetto mentre penso che è inutile spiegargli che sono rimasto un semplice fante durante il servizio militare
che i gradi non li ho voluti e che comunque la differenza di età è una pregiudiziale anche più importante di tutto il resto
si avvicina e mi guarda fisso, poi i suoi occhi si velano appena appena
“mi scusi ..” dice
“è che lei .. tu .. somigli, anzi sei proprio uguale al mio capitano durante la guerra, eravamo in Grecia sai?”
finisco seduto accanto a lui con un bicchiere di vino bianco e secco come il vento che stasera spira da sud
mi racconta della guerra
mi racconta dei greci e dei tedeschi
mi racconta di come quel capitano sia riuscito a salvare tutto il distaccamento su quell'isola che alla fine non ho mica capito se fosse kios o tilos o vattelappèsca, colpa del vino, del vento o della memoria del vecchio.
Riesco ad accomiatarmi, mi svincolo elegante, mi rituffo nella folla del corso che nel frattempo è diventata tanta e riemergo di fronte al municipio dove c'è un argentino con la coda di cavallo, amplificatore, chitarra e chesterfield incastrata sul manico. Suona alla maniera di Jeff Healey, seduto con lo strumento sulle ginocchia. Mischia “message in a bottle” all' “inno alla gioia” di Beethoven, lascio un euro nella custodia della chitarra dopo essermi spellato le mani in un prolungato applauso.
Mi ritrovo all'improvviso coinvolto in una discussione con un simpatico e panciuto cinquantenne di Verona, riguardo il progressive italiano degli anni '70, la figlia nemmeno decenne ci guarda con un filo di compassione che le attraversa gli occhi, o almeno credo. Ci accomiatiamo giungendo alla conclusione che sì .. la pieffèmme, sì le orme .. ma il banco era un gradino più su.
Mi allontano cantandomi dentro “thunder road” del boss, chissà perchè ..
a metà canzone mi rendo conto di essere arrivato di fronte alla pasticceria prospiciente il mercato, attraverso la strada piena di turisti arrossati e passeggini ingombri di bimbi ormai dormienti spinti da mamme finalmente libere di scambiare due parole col proprio uomo ma incapaci di farlo per via della stanchezza. Brillo del vino del vecchio e dei profumi di origano e spezie varie riesco infine ad arrivare all'ultimo banco, quello dei ragazzotti e della grigliata del giorno dopo che però, con rammarico, mi dicono che non si fa più perchè il venerdì per loro è una giornataccia e che forse è meglio farla di lunedì o martedì.
“occhèi” dico io “non c'è problema, fa niente”
“dài, ci vediamo lunedì”
“naaa..io parto sabato mattina presto, ma davvero .. fa niente, sarà per un altro anno”
“maddài .. no, mi dispiace, beviamoci un bicchiere di bianco, dài, così .. per farci perdonare”

sono a casa
fondamentalmente ubriaco
fondamentalmente penso sia stata una vacanza nella vacanza
durata forse un'oretta d'orologio
ma
dentro
dentro
magari non era un'oretta
era di più
era una vita intera
o anche più di una
o forse era solo il tempo per scrivere un post, come questo, senza correggerlo. Senza rileggerlo.

6 commenti:

  1. l'immediato e l'eterno, racchiusi in una bolla...

    ma non è sempre così?

    se presti attenzione alle cose, voglio dire, non c'è tutta la vita racchiusa in un'ora?

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  2. Bellissima...una storia che mentre scorre porta gli odori e i sapori che racconta... e il calore dell'estate e il suo azzurro.

    E poi la sensibilità di fermarsi ad ascoltare chi vive ancora in storie lontane...Mi piace!!!

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  3. sinforosa .. lo scopo è proprio quello, far sì che in un modo o nell'altro ci sia anche il lettore lì, insieme a me.

    lunasola2 .. grazie, per ora è l'azzurro dell'estate, aspetto anche altri colori.

    anonimo .. hai ragione fin nel midollo.

    vecchio regista della pallacanestro .. una vacanza dal blog, un blog che adesso parla di vacanze.

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  4. sei grande stefano!! continua così.

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