Nella mia città venti chilometri a quaranta all'ora non vuol dire necessariamente un viaggio di trenta minuti.
Alle due del pomeriggio il sole picchia forte di fine giugno, è quasi la festa di San Giovanni, la festa di Roma, quella vera, quella più antica. Non più sentita, sconosciuta alle nuove generazioni eppure prepotente come il solstizio d'estate.
Alle due del pomeriggio la mia pelle brucia e non posso togliere le mani dal gas o dal freno, la tangenziale richiede attenzione se viaggi su due ruote, le auto poco sopportano chi di solito le supera svicolando nel traffico. Poco sopportano tutto, gli automobilisti romani, ormai, e il caldo non aiuta.
Fermo al semaforo, accostato a un furgoncino che va' col volume alto il giusto, riesco a sentire i proclami di guerra radiofonici di Marione, il ministro Castelli ha appena dichiarato che qui siamo culturalmente arretrati.
Rido, appena un secondo, è scattato il verde e già dietro suonano spazientiti per il tempo di reazione non da centometrista del furgoncino. Lui li sfiora con lo sguardo dallo specchietto retrovisore, riparte sbuffando fumo nero, come fosse una seppia.
La signorina esce dallo svincolo senza freccia nè la minima preoccupazione per il mondo attorno, nella sua Smart parla al cellulare e ride, cazzo vorrà il mondo?
Guardo negli specchietti alla ricerca dell'evoluzione del soggetto, signorina più cresciuta, in carriera, mercedes classe A, iPhone, ma stile di guida e domanda esistenziale che restano immutati. Solo un minuto e me ne passano pericolosamente accanto almeno due. Il punto non è quanto vicine passino le auto, il punto è il tempo, una questione di timing, se l'auto ti sfiora mentre stai per incrociare una delle tante buche il problema è di una certa rilevanza. Leggere la strada, leggere il traffico, leggere il tipo di auto e relativa categoria di guidatore, mettersi nei panni dell'automobilista, ragionare come lui. Eppure, nonostante ogni precauzione, ogni attenzione, c'è sempre l'incognita con cui fare i conti. La strade a Roma sono elementi complessi, non lineari, piene di variabili.
Conoscere il tessuto sociale e le abitudini dei nuovi cittadini aiuta. Se un manovale rumeno alle sette del mattino fa colazione con una birra da 66 cl, come potrà guidare il camioncino alle quattordici? Spazio, dare spazio, calcolare metri, velocità, irregolarità del manto stradale, vivacità dello sguardo del guidatore che si accinge a superarti, o di quello che stai per sorpassare.
Poi d'estate la città si anima di lavori, i più svariati e fuori luogo, dalla creazione della nuova stazione Tiburtina agli upgrade del gas fatti il giorno dopo la riasfaltatura della strada. Così all'ennesimo restringimento a una sola corsia siamo tutti intrappolati nel caldo, sotto il sole, sopra una strada nera e bollente. Dal SUV nero davanti a me, sbuca un braccio tatuato all'inverosimile, con una schicchera il mozzicone della sigaretta vola via, verso il mio parabrezza. Bestemmio, do' gas, lo accosto e lo guardo negli occhi poi faccio il gesto di schiccherare un inesistente mozzicone verso il suo finestrino aperto. Capisce e si scusa, resto basito. Ecco la variabile impazzita. Il sospiro mi si strozza nella gola, una follia respirare quest'aria così calda.
Arrivato a casa scendo dallo scooter, sono tutto un dolore, mi stiro poi faccio due passi verso la fontanella, devo darmi una sciacquata. L'acqua è così fresca, buona. E poi è ancora pubblica.