passare l'estate senza fare un cazzo fuorchè canticchiare appresso all'i-pod passeggiando con le mani in apnea nei tasconi dei jeans extralarge, gli era valso il soprannome.
quando un giorno di fine agosto, mentre dinoccolato camminava per il parco, ondeggiando ritmico, biascicante un gramelot anglofono e hippopparo..
-ma vai a lavorare..-
lo apostrofò una formica alla quale aveva inavvertitamente distrutto una mollichina.
-mavvaffanculo..-
e la schiacciò.
on air/la lupe::fever e
the last town chorus::modern love
24 agosto 2006
21 agosto 2006
quelli che
guidando hanno in mente solo Ka
oppure che un attimino
che smetto quando voglio
o nella misura in cui
quelli che portavano avanti il discorso
e che ora portano il mercedes
quelli che in 24 comode rate
la mia nuova suoneria
mi sento nudo senza
D&G a vista sotto il costume
pò-pò-ppò-ppò-ppò-pò-pòòòò de chi è?
quelli ke nn ò risp al msg xkè
macquali castelli!? ..'nnamo alla festa della birra
quelli che amare è esserci. sempre.
quelle che -è sua la smart in doppia fila?- -sì..'n'attimino che finisco da fà la spesa..-
quelli che il bagno lo ristrutturo da solo
e che poi -macchevòi?..sò le 9..- -sì, ma è domenica mattina!-
quelli che se pesti una merda porta fortuna
e se invece è un chewing gum?
(a non magra consolazione)
on air/richard hawley::it's over love (acoustic)
oppure che un attimino
che smetto quando voglio
o nella misura in cui
quelli che portavano avanti il discorso
e che ora portano il mercedes
quelli che in 24 comode rate
la mia nuova suoneria
mi sento nudo senza
D&G a vista sotto il costume
pò-pò-ppò-ppò-ppò-pò-pòòòò de chi è?
quelli ke nn ò risp al msg xkè
macquali castelli!? ..'nnamo alla festa della birra
quelli che amare è esserci. sempre.
quelle che -è sua la smart in doppia fila?- -sì..'n'attimino che finisco da fà la spesa..-
quelli che il bagno lo ristrutturo da solo
e che poi -macchevòi?..sò le 9..- -sì, ma è domenica mattina!-
quelli che se pesti una merda porta fortuna
e se invece è un chewing gum?
(a non magra consolazione)
on air/richard hawley::it's over love (acoustic)
20 agosto 2006
testa di radio
on air/una luuunga sfilza di cover dei radiohead
the meditations::no surprises via knkisser
toots & the maytals::let down via motel de moka
mark ronson::just (il video) via speedrail
qui le cover di tutto the bends
qui, invece, tutto kid A, e tutti e due via motel de moka
infine qui dj gyngyvytus ne ha remixati una manciata di brani.
ammè me piaciono (è l'idioma..)
19 agosto 2006
18 agosto 2006
17 agosto 2006
ferragostana
interno notte: attorno ad un tavolo quattro parenti tra i più prossimi giocano a burraco, mentre mio padre russa molesto poco distante davanti ad un brutto programma televisivo.
mi stravacco alla ricerca di forze sottrattemi dalla lotta per addormentare la figlia, risoltasi in mio favore dopo mezz'ora di un'improbabile favola a base di bruchi parlanti, zebre imprudenti e leoni caritatevoli.
di questa giornata di vacanza ripasso mentalmente quanto fatto e soprattutto detto, meno quanto solo pensato, senza dimenticare l'odore della mentuccia in fiore che da queste parti riempie interi prati, le pesche appena cadute dall'albero, le piccole prugne selvatiche nè quanto fredda sia l'acqua del fontanile in cima al paese.
la cucina di mia madre
le chiacchiere in giardino
sigarette fatte a mano
le nuvole sul lago
e tutti quei grilli la sera
("quand'è che torni a casa che stiamo già cenando?")
"la vita è una ruota"
(che mi calpesta i coglioni)
e la mattinata trascorsa in visita alle grotte di val de' varri mi lascia un tipico indolenzimento nei polpacci da acido lattico e l'interrogativo.."se 3.500 anni fa uomini primitivi nostri antenati, scelsero di dormire qui dentro..chi cazzo c'era là fuori?"
on air/the puppini sisters::wuthering heights via inkiostro
mi stravacco alla ricerca di forze sottrattemi dalla lotta per addormentare la figlia, risoltasi in mio favore dopo mezz'ora di un'improbabile favola a base di bruchi parlanti, zebre imprudenti e leoni caritatevoli.
di questa giornata di vacanza ripasso mentalmente quanto fatto e soprattutto detto, meno quanto solo pensato, senza dimenticare l'odore della mentuccia in fiore che da queste parti riempie interi prati, le pesche appena cadute dall'albero, le piccole prugne selvatiche nè quanto fredda sia l'acqua del fontanile in cima al paese.
la cucina di mia madre
le chiacchiere in giardino
sigarette fatte a mano
le nuvole sul lago
e tutti quei grilli la sera
("quand'è che torni a casa che stiamo già cenando?")
"la vita è una ruota"
(che mi calpesta i coglioni)
e la mattinata trascorsa in visita alle grotte di val de' varri mi lascia un tipico indolenzimento nei polpacci da acido lattico e l'interrogativo.."se 3.500 anni fa uomini primitivi nostri antenati, scelsero di dormire qui dentro..chi cazzo c'era là fuori?"
on air/the puppini sisters::wuthering heights via inkiostro
13 agosto 2006
pure io..
..un pezzetto di vacanza
nelle orecchie/
TV on the radio::province
magyar posse::lansivayla
the sound team::movie monster
ray lamontagne::crazy
nelle orecchie/
TV on the radio::province
magyar posse::lansivayla
the sound team::movie monster
ray lamontagne::crazy
8 agosto 2006
piccoli bastardi
adesso qualcuno tirerà fuori la solita vecchia storia di un padre poco presente o una madre disattenta o entrambe le cose adesso diranno che la colpa è della societàtroppatelevisione la scuola che non fa il suo mestiere o della playstation e qualcuno dirà che non ci sono più le stagioni.
adesso tutto cambierà.
ho sempre voluto un cane, -non abbiamo un giardino- diceva la mamma..
-nemmeno un balcone- rincarava mio padre..
questo lo capivo anche se bambino ma
io
comunque
volevo un cane
non che mi sentissi solo o che avessi bisogno di un succedaneo materno
molto semplicemente
volevo un cane
di quelli grandi che ci potevi fare la lotta per terra o farti tirare quando li portavi fuori a pisciare.
a ferragosto con la città svuotata e le strade sgombre, bande di bastardi si facevano coraggio e scendevano nel quartiere, durante il resto dell'anno pascolavano vicino alla ferrovia, ma quando possibile, di notte si prendevano una vacanza pure loro e venivano a vedere da vicino il mondo degli uomini. coi gatti del giardino del mio palazzo ci si azzuffavano subito, poi, trotterellando coatti andavano a bere alla fontanella all'angolo e via a caccia di altre comunità feline, di cassonetti in cui rovistare, alberi sui quali alzare la zampa.
il gruppo del dopocena passava sotto le mie finestre ogni sera quasi alla stessa ora, finiva il telegiornale e io mi affacciavo per guardarli e c'era sempre in coda al gruppo un canuccio bianco con la macchia marrone sul muso, poco più di un cucciolo.
io allora fischiavo e lui si fermava, col naso all'insù mi cercava e faceva una specie di guaito, come un saluto.
certe volte nascondevo un pezzo di pane col sugo e glielo tiravo e allora sembrava che mi ringraziasse con lo sguardo.
era diventato lui il mio cane
anche piccolo
anche se non lo portavo al guinzaglio a pisciare
anche senza giardino
e nemmeno un balcone.
una sera sotto le mie finestre, la gattara lasciò una cartata di riso e carne per i gatti che la seguivano sempre. aveva con sè cibo in una busta del supermercato e un bastone per camminare.
solitamente passava alla sette di sera ma quella volta arrivò tardi, subito dopo che il canuccio bianco col muso marrone aveva svoltato l'angolo della fontanella, l'odore del riso con la carne, troppo forte, richiamò indietro il mio amico che correndo e abbaiando bloccò per un istante i gatti e come un lampo si gettò sul cibo.
nonstante l'età, l'anziana signora fu rapida ad alzare il bastone e spaccare la testa del cane, altrettanto lo fui io a farle cadere in testa il vaso col ficus che mamma teneva sul davanzale, e anch'io gliela spaccai.
io volevo solo un cane.
tutta colpa del giardino che non avevamo.
o almeno un balcone.
on air/damien rice::creep
sophie koh::creep
adesso tutto cambierà.
ho sempre voluto un cane, -non abbiamo un giardino- diceva la mamma..
-nemmeno un balcone- rincarava mio padre..
questo lo capivo anche se bambino ma
io
comunque
volevo un cane
non che mi sentissi solo o che avessi bisogno di un succedaneo materno
molto semplicemente
volevo un cane
di quelli grandi che ci potevi fare la lotta per terra o farti tirare quando li portavi fuori a pisciare.
a ferragosto con la città svuotata e le strade sgombre, bande di bastardi si facevano coraggio e scendevano nel quartiere, durante il resto dell'anno pascolavano vicino alla ferrovia, ma quando possibile, di notte si prendevano una vacanza pure loro e venivano a vedere da vicino il mondo degli uomini. coi gatti del giardino del mio palazzo ci si azzuffavano subito, poi, trotterellando coatti andavano a bere alla fontanella all'angolo e via a caccia di altre comunità feline, di cassonetti in cui rovistare, alberi sui quali alzare la zampa.
il gruppo del dopocena passava sotto le mie finestre ogni sera quasi alla stessa ora, finiva il telegiornale e io mi affacciavo per guardarli e c'era sempre in coda al gruppo un canuccio bianco con la macchia marrone sul muso, poco più di un cucciolo.
io allora fischiavo e lui si fermava, col naso all'insù mi cercava e faceva una specie di guaito, come un saluto.
certe volte nascondevo un pezzo di pane col sugo e glielo tiravo e allora sembrava che mi ringraziasse con lo sguardo.
era diventato lui il mio cane
anche piccolo
anche se non lo portavo al guinzaglio a pisciare
anche senza giardino
e nemmeno un balcone.
una sera sotto le mie finestre, la gattara lasciò una cartata di riso e carne per i gatti che la seguivano sempre. aveva con sè cibo in una busta del supermercato e un bastone per camminare.
solitamente passava alla sette di sera ma quella volta arrivò tardi, subito dopo che il canuccio bianco col muso marrone aveva svoltato l'angolo della fontanella, l'odore del riso con la carne, troppo forte, richiamò indietro il mio amico che correndo e abbaiando bloccò per un istante i gatti e come un lampo si gettò sul cibo.
nonstante l'età, l'anziana signora fu rapida ad alzare il bastone e spaccare la testa del cane, altrettanto lo fui io a farle cadere in testa il vaso col ficus che mamma teneva sul davanzale, e anch'io gliela spaccai.
io volevo solo un cane.
tutta colpa del giardino che non avevamo.
o almeno un balcone.
on air/damien rice::creep
sophie koh::creep
6 agosto 2006
3 agosto 2006
senza (soluzione di) continuità
- Due sistemi nervosi regolano la nostra esistenza, uno volontario e l'altro, si dice, fuori dal nostro controllo. Dissociati da più della metà di noi stessi senza renderci conto di quello che ci succede. Quando ci si accosta ad una possibilità di ascolto e si comincia a sentire qualcosa, se ci si è disabituati a sentire, se si è diventati impenetrabili, presuntuosi, protetti da una corazza di convenzioni e abitudini, diventa pericoloso. Può succedere di sentirsi in compagnia di persone che non solo non capiscono e non comprendono, ma che anzi ne sono terrorizzate, e ciò può essere, come minimo, imbarazzante. Se non si è più in contatto con i propri sentimenti se ne perde il controllo. Quanto più ci si accosta a questo sentire, tanto meno i sentimenti sono sotto o fuori controllo. Sono e basta.
Quello che sente tanta gente è la paura di uscire, temono di farsela addosso, le governa il terrore che ad un certo punto le loro budella sfuggano al controllo e che gli venga un attacco di diarrea, oppure di inspirare l'aria e di non riuscire più a tirarla fuori, oppure che gli giri la testa dall'ansia e che cadano per terra. Ad alcuni di noi succede. E cosa ci danno? Ci danno i tranquillanti. Non ci danno attenzione, terapia.
Naturalmente questo accade quando uno spostato va da un altro spostato che ha la laurea in medicina.
La consapevolezza del nostro cuore, del respiro, nel profondo, delle nostre emozioni e dei nostri pensieri, dei nostri dolori nel rapporto con gli altri, fa sì che si apra tutto un mondo davanti a noi. È quello che ho scoperto nella mia vita, avevo perso quel contatto e cercavo di ristabilirlo misticamente, sessualmente. Ma talvolta è più importante l'interruzione del contatto tra il seno e la bocca, se lo svezzamento è stato precoce, e ancor di più il contatto interrotto con la madre prima ancora che essa sia diventata qualcosa di diverso da sé stessi, il taglio del cordone ombelicale prima che sia pronto per essere tagliato, perchè c'è un'altra puerpera da seguire e bisogna liberare la sala parto o perchè il ginecologo ha i biglietti per i Knicks al Madison e non vuole far tardi. Così, pochi secondi di differenza possono costituire una discriminante per tutto il resto della vita, un'inconscia minaccia al proprio cuore e alla propria respirazione, la causa di un continuo terrore.
Possiamo tornare indietro verso tutto ciò prestando attenzione al nostro respiro, al nostro cuore, alle nostre sensazioni. Forse sentiremo il nostro stomaco che si trova in uno stato di shock ombelicale, duro, teso, il cuore che sobbalza al minimo rumore e per quanto tranquillo sia il nostro respiro, in fondo ad esso sempre quel terrore. Da questo si può arrivare a molte cose: si può arrivare all'ulcera o all'ipertensione. -
Il dottor Cooper era un vecchio leone, ancora forte, capace di rimettere in piedi il paziente più depresso della costa est. E Mel non lo era di certo, non ancora. Erano seduti uno di fronte all'altro su vecchie e comode poltrone di pelle, la luce soffusa, le pareti piene di libri che aumentavano la convinzione dei pazienti, se ce ne fosse stato ulteriore bisogno, riguardo l'autorevolezza del vecchio psichiatra. Una barbetta bianca e curata faceva contrasto con la sua bocca ancora carnosa, vivida, gli occhi azzurri, si posavano sul viso di Mel a cercare in maniera discreta i segnali non verbali del disagio che aveva richiesto il suo intervento.
- Tu, mio caro Mel, hai cominciato a sentire. - continuò il dottor Cooper. - sei all'inizio di un percorso fatto di sofferenza, comprenderai quanto tu sia inadeguato, quanto tutto sia irrilevante, infine troverai il modo, anche giorno per giorno ed ogni volta diverso, per non vivere più questo terrore. Vedi Mel, - riprese – mia moglie sta morendo, ed io non trovo un motivo per non cercare il meglio per me. Non è egoismo, ma solo se riesco ad alzarmi al mattino e realizzare di esserne felice, posso esserle d'aiuto. Posso starle vicino come merita, farla ancora sorridere, posso darle terapia. E questo può essere solo grazie al contatto con la vita, all'ascolto dei miei sentimenti, dei miei desideri. - Mel prese una sigaretta dalla scatola offertagli dal dottore, l'accese, poi cominciò parlare..
il dialogo del dottor cooper è un libero adattamento di questa cosa qui
un pensiero di ringraziamento a sandro gindro, mio insegnante di filosofia in prima liceo, anche se solo per pochi mesi..
accompagnandolo sottobraccio in un'altra classe durante il cambio dell'ora, si accorse della mia tensione pre-interrogazione dell'ora successiva semplicemente ascoltando il battito accelerato del mio cuore attraverso il contatto..forse è grazie a lui se.
..già..!
nell'aria/4tet::iron man (black sabbath cover) via berkeleyplace
Quello che sente tanta gente è la paura di uscire, temono di farsela addosso, le governa il terrore che ad un certo punto le loro budella sfuggano al controllo e che gli venga un attacco di diarrea, oppure di inspirare l'aria e di non riuscire più a tirarla fuori, oppure che gli giri la testa dall'ansia e che cadano per terra. Ad alcuni di noi succede. E cosa ci danno? Ci danno i tranquillanti. Non ci danno attenzione, terapia.
Naturalmente questo accade quando uno spostato va da un altro spostato che ha la laurea in medicina.
La consapevolezza del nostro cuore, del respiro, nel profondo, delle nostre emozioni e dei nostri pensieri, dei nostri dolori nel rapporto con gli altri, fa sì che si apra tutto un mondo davanti a noi. È quello che ho scoperto nella mia vita, avevo perso quel contatto e cercavo di ristabilirlo misticamente, sessualmente. Ma talvolta è più importante l'interruzione del contatto tra il seno e la bocca, se lo svezzamento è stato precoce, e ancor di più il contatto interrotto con la madre prima ancora che essa sia diventata qualcosa di diverso da sé stessi, il taglio del cordone ombelicale prima che sia pronto per essere tagliato, perchè c'è un'altra puerpera da seguire e bisogna liberare la sala parto o perchè il ginecologo ha i biglietti per i Knicks al Madison e non vuole far tardi. Così, pochi secondi di differenza possono costituire una discriminante per tutto il resto della vita, un'inconscia minaccia al proprio cuore e alla propria respirazione, la causa di un continuo terrore.
Possiamo tornare indietro verso tutto ciò prestando attenzione al nostro respiro, al nostro cuore, alle nostre sensazioni. Forse sentiremo il nostro stomaco che si trova in uno stato di shock ombelicale, duro, teso, il cuore che sobbalza al minimo rumore e per quanto tranquillo sia il nostro respiro, in fondo ad esso sempre quel terrore. Da questo si può arrivare a molte cose: si può arrivare all'ulcera o all'ipertensione. -
Il dottor Cooper era un vecchio leone, ancora forte, capace di rimettere in piedi il paziente più depresso della costa est. E Mel non lo era di certo, non ancora. Erano seduti uno di fronte all'altro su vecchie e comode poltrone di pelle, la luce soffusa, le pareti piene di libri che aumentavano la convinzione dei pazienti, se ce ne fosse stato ulteriore bisogno, riguardo l'autorevolezza del vecchio psichiatra. Una barbetta bianca e curata faceva contrasto con la sua bocca ancora carnosa, vivida, gli occhi azzurri, si posavano sul viso di Mel a cercare in maniera discreta i segnali non verbali del disagio che aveva richiesto il suo intervento.
- Tu, mio caro Mel, hai cominciato a sentire. - continuò il dottor Cooper. - sei all'inizio di un percorso fatto di sofferenza, comprenderai quanto tu sia inadeguato, quanto tutto sia irrilevante, infine troverai il modo, anche giorno per giorno ed ogni volta diverso, per non vivere più questo terrore. Vedi Mel, - riprese – mia moglie sta morendo, ed io non trovo un motivo per non cercare il meglio per me. Non è egoismo, ma solo se riesco ad alzarmi al mattino e realizzare di esserne felice, posso esserle d'aiuto. Posso starle vicino come merita, farla ancora sorridere, posso darle terapia. E questo può essere solo grazie al contatto con la vita, all'ascolto dei miei sentimenti, dei miei desideri. - Mel prese una sigaretta dalla scatola offertagli dal dottore, l'accese, poi cominciò parlare..
il dialogo del dottor cooper è un libero adattamento di questa cosa qui
un pensiero di ringraziamento a sandro gindro, mio insegnante di filosofia in prima liceo, anche se solo per pochi mesi..
accompagnandolo sottobraccio in un'altra classe durante il cambio dell'ora, si accorse della mia tensione pre-interrogazione dell'ora successiva semplicemente ascoltando il battito accelerato del mio cuore attraverso il contatto..forse è grazie a lui se.
..già..!
nell'aria/4tet::iron man (black sabbath cover) via berkeleyplace
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