Il sole cresceva e scendendo lungo il sentiero che lo avrebbe portato alla piccola piazza antistante il monastero, il frate aveva già incontrato cadaveri e rovine ancora fumanti, ma lo spettacolo triste di centinaia di morti tra i resti carbonizzati di mobili, portoni, vetri rotti e carri rovesciati lo lasciò di sasso. Un senso d'impotenza, insieme alla luce che saliva, lo invase fin nel profondo, non riusciva più a muovere un passo nè in avanti nè in altra direzione, non riusciva nemmeno a piangere, non un suono usciva dalla gola ormai serrata, cadde in ginocchio quando si rese conto che non respirava quasi più. Cadde in ginocchio accanto ad una donna anziana, di quelle che vedeva in preghiera ogni giorno all'ora dei vespri raccolta insieme ad altre uguali a lei, davanti all'altare della piccola cappella appena fuori l'abitato. Toccò quel corpo grigio e freddo, sentì la sua rigidità e l'assenza di vita, si persuase che non sentiva più nulla, niente di quell'orrore che lui stava invece vivendo ed allora riprese a catturare aria, a trattenerla assaporandola. Non appena la respirazione si fece maggiormente profonda il suo grido di dolore risuonò tra le modeste case, rimbalzò sulle spesse mura del monastero, scese sull'acciottolato della piazza e si sciolse sfumando in un' eco tra gli alberi e il batter d'ali di corvi irretiti.
Scelse velocemente di non occuparsi dei morti e delle cose che non erano più, pensò di recuperare in fretta quanto possibile di ciò che rimaneva nel laboratorio, entrò nel fabbricato che ospitava le piccole celle dei frati e le stanze dei monaci, scese nel seminterrato dove era l'officina dello speziale ed in un sacco riuscì a mettere parte degli alambicchi e delle fiale scampati alla furia distruttrice. Risalì poi verso la stanza del monaco suo maestro e si rese conto che tutti i libri e le pergamene erano troppo per il suo misero sacco. Uscì alla ricerca di qualcosa di più capiente e fu allora, con sorpresa che sentì uno scalpiccìo di zoccoli, un asino era tornato dopo esser fuggito chissà dove. Caricò il basto di tutto ciò che potè, recuperando l'intero archivio dell'alchimista ed una buona parte delle attrezzature. Fu così che si trovò a spostare sulla montagna, irraggiungibile, tutti i suoi studi ed sperimenti, le sue alchimie, la sua intera vita .
Giorni di cammino insieme all'asino, percorrendo sentieri segreti, tra boschi e radure che cpme d'incanto s'aprivano sorprendendoli entrambi, li condussero infine tra le rovine nascoste dalla vegetazione, di un antico tempietto italico. Un luogo ritenuto magico ed evocativo già dai primi abitanti di quelle zone, un luogo considerato maledetto, in seguito, eluso e quindi dimenticato dai pastori e dagli agricoltori che preferirono vivere a valle, vicino al fiume. Grotte misteriose seminascoste dagli alberi, davano accesso all'intimità della montagna, che donava loro riparo dagli elementi e dagli uomini. Una sorgente poco più su, garantiva da bere, qualche ora dedicata alla raccolta di frutta selvatica, alla ricerca ed al saccheggio di nidi di uccelli e di api, alla sistemazione di trappole rudimentali, dava la possibiltà di un sufficente sostentamento. Il resto del tempo il frate lo passava cercando d'interpretare gli scritti del monaco. La ricerca di elementi naturali atti alla sintesi di nuove sostanze, completava le giornate che si chiudevano immancabilmente in preghiera. Il ringraziamento per quella vita dura e frugale, forse, ma che certamente lo stimolava. Non ringraziava Iddio solo perchè era sopravvissuto, ora lo ringraziava anche per quei giorni cui si sentiva destinato. Era uno strumento nelle mani non del fato, nè del caso, era certo di essere parte importante di un piano prestabilito da un'entità superiore. Aveva un ruolo. Sapeva di averlo, non conosceva il piano ma sentiva che ora si avvicinava pian piano a compimento. Non conoscendo il significato della parola teleologia, la viveva ogni giorno sempre più chiaramente.
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